Tra le collezioni romane di opere d’arte, una delle più celebri è senza dubbio quella ospitata nella Galleria Borghese, autentico scrigno costruito appositamente per ospitare capolavori, dalle sculture antiche ai dipinti rinascimentali e barocchi accumulati, almeno per quanto riguarda il nucleo originario, dal cardinale Scipione Borghese all’inizio del Seicento.
Il cardinale è uno dei collezionisti più singolari della sua epoca, non si fa scrupoli per soddisfare le sue voglie: ruba opere e minaccia di morte chi rifiuta di cedergli la propria collezione; è amante di ogni genere artistico e passa con disinvoltura dal tardomanierista Cavalier d’Arpino a Caravaggio, dal barocco Lanfranco al classico Domenichino, dalle sculture classiche al genio di Gian Lorenzo Bernini, che per Scipione realizza i suoi primi, spettacolari gruppi scultorei e ritratti talmente realistici che sembra abbiano appena smesso di parlare.
Parte della collezione non è tuttavia più presente nel museo, ma è andata ad ingrossare la sezione di arte classica del Louvre, dal momento che nel 1807 il principe Camillo Borghese, che aveva sposato Paolina Bonaparte, è costretto a cedere alle pressanti richieste di suo cognato Napoleone e a vendere gran parte delle sculture antiche in suo possesso.
A questo periodo buio per la storia della collezione si data però uno dei capolavori del museo: Paolina Borghese ritratta come Venere vincitrice di Antonio Canova.