Celio archeologico

Il nome più antico del colle fu Mons Querquetulanus poiché ricoperto in origine da alberi di querce. In seguito all’occupazione da parte di Celio Vibenna, lucumone etrusco giunto in soccorso dei romani contro i Sabini, assunse il nome attuale.

In età repubblicana la zona fu occupata da abitazioni private a carattere popolare anche se vi furono edificate case particolarmente lussuose come quella di Mamurra, Prefetto dei Fabbri di Cesare, che viene ricordata come la prima casa romana ad avere avuto i muri ricoperti da lastre marmoree e le colonne di marmo pregiato.

In età imperiale il Celio venne danneggiato da diversi incendi, soprattutto quello del 64 d.C. (incendio neroniano): dopo tale data il grande tempio dedicato all’imperatore Claudio servirà da appoggio al grande Ninfeo della Domus Aurea.

Una caratteristica del quartiere era poi la numerosa presenza di caserme: dalla caserma della V Coorte dei Vigili del fuoco presso la chiesa di S.Maria in Domenica detta alla Navicella, fino ai Castra Peregrina i cui resti giacciono sotto la affascinante chiesa di S.Stefano Rotondo e che ci ricordano un corpo militare speciale: i servizi segreti imperiali.

Altra grande struttura militare lungo le propaggini del Celio è il grande complesso dei Castra Equitum singularium, la caserma della guardia imperiale a cavallo, corpo sciolto da Costantino i cui resti si ammirano imponenti sotto la basilica di San Giovanni in Laterano.

Culti stranieri sono testimoniati dal ritrovamento di un grande Mitreo presso i Castra Peregrina e di una basilica collegata al culto di Attis che è stata scavata all’interno dell’Ospedale militare del Celio.

Lungo la via Celimontana sorgevano domus illustri come quella dei Valerii, scavata nel XVI secolo, il cui splendore attraversò i secoli fino ad essere messa in vendita alla vigilia del Sacco di Alarico, ma che non trovò acquirenti per la sua magnificenza.